Una parte del Quadrante Persone all’interno del Modello FBU affronta uno dei temi più importanti all’interno delle imprese di famiglia: la gestione degli altri, delle relazioni e del dialogo che abbiamo con loro.
Spesso nel dialogo vediamo due persone che vogliono spiegare il loro punto di vista, piuttosto che ascoltare il punto di vista dell’altro. Il risultato è un braccio di ferro in cui sembra vincere il più forte o quello che urla di più, ma in cui invece perdono tutti. Per evitare di arrivare a questa situazione è necessario imparare ad ascoltare.
L’ascolto è direttamente proporzionale all’interesse che abbiamo per una persona. Spesso siamo disponibili ad ascoltare con maggiore attenzione la persona amata nei primi momenti della nostra relazione, piuttosto che dopo molti anni di frequentazione, quando rischiamo di darci un po’ troppo per scontati. La stessa cosa vale per le aziende: il capo tende a dare più attenzione ad un cliente rispetto ad un collaboratore.
Ascoltare non è un obbligo ma una scelta e una volta che ho deciso di ascoltare devo anche sapere come farlo. Plutarco, nel suo discorso sull’arte di ascoltare, offre qualche buon suggerimento: prima di tutto il silenzio, la pazienza di ascoltare anche quando ciò che dice l’altro non è gradito. E questo chiede un’adeguata disposizione d’animo, così come una certa disposizione fisica che agevoli e dia il segnale alla disponibilità dell’ascolto.
Lo sanno bene i Cinesi che con i loro ideogrammi compongono parole fatte di concetti più elementari. L’ideogramma che rappresenta la parola ascolto è davvero una lezione per chi vuole imparare ad ascoltare: comprende le parole orecchio, occhi, cuore, tu e attenzione unitaria.
Ascoltare richiede energia, disciplina e attenzione. Mentre l’altro ci parla la nostra testa può vagare e ci troviamo a fingere mentre cerchiamo di tornare nella carreggiata del senso di quanto ci stanno dicendo. Per cui diventa fondamentale chiarire chi ha bisogno di parlare e chi ha disponibilità ed energie per ascoltare. Se entrambe le parti hanno da dire la loro, nessuna è disposta ad ascoltare.
Per ascoltare veramente dobbiamo essere disposti a farci influenzare da quello che gli altri ci dicono, anche quando gli altri sostengono qualcosa che non ci sembra vero o sensato. La sfida è proprio cercare di comprendere cosa ci sia di vero o di sensato in quello che gli altri ci dicono, non di dibattere per dimostrare le nostre ragioni. Avremo tempo per farlo, ma prima dobbiamo darci l’obiettivo di cogliere le ragioni dell’altro.
Per questo bisogna vigilare molto sulla qualità del nostro ascolto per comprendere quanto stiamo veramente ascoltando o ciò che stiamo facendo per bloccare l’ascolto. Esistono almeno quattro “blocchi” dell’ascolto:
Valutazione: stiamo ascoltando veramente o stiamo valutando, comparando, analizzando quello che l’altro ci dice, dall’alto delle nostre conoscenze?
Giudizio: mentre l’altro parla stiamo esprimendo nella nostra mente dei giudizi nei suoi confronti?
Interpretazione: pensiamo di aver ascoltato e aver capito, ma quanto abbiamo messo di nostro in quello che abbiamo ascoltato?
Consigli: invece di continuare ad ascoltare, ci fermiamo quando sappiamo già cosa dire, magari per risolvere il problema, magari per relativizzare e tranquillizzare il nostro interlocutore. Comunque vada il nostro ascolto non è stato un ascolto di qualità.
Ascoltare, quindi, richiede attenzione e curiosità sincera nei confronti di quello che l’altro ha da dire, ma richiede anche attenzione nei nostri stessi confronti per controllare la qualità del nostro ascolto, la nostra disponibilità e le nostre modalità di ascolto.
Una volta fatto silenzio e prestata attenzione a chi ci sta di fronte possiamo incoraggiare chi parla mandando segnali di accoglimento e di incoraggiamento: rivolgendo lo sguardo, annuendo, invitando l’altro a parlare con il suono della voce o poche parole come “si, dimmi”, “e…”, “c’è ancora qualcosa che mi vuoi dire…”. E quando ci sembra che abbia finito dobbiamo aspettare ancora. Qualcuno di noi, soprattutto se è veloce di parola, al primo momento di pausa si inserisce per rispondere, bloccando chi magari sta solo prendendo fiato e riordinando i pensieri.
E infine, quando l’altro ha concluso il suo discorso, il nostro ascolto si può fare attivo restituendo quanto abbiamo compreso prima di cominciare a esprimere il nostro punto di vista. Possiamo restituire contenuti sia attraverso le parole chiave usate dal nostro interlocutore, sia riformulando quanto abbiamo capito: “ho capito che per te è importante questo…”. Questa è l’occasione per aiutare chi ci ha parlato a spiegarsi meglio, chiarendo, rettificando o confermando.
Nello stesso modo possiamo restituire quanto abbiamo compreso dell’altro sul fronte emotivo: come “vedo che la cosa ti fa star male…”, in modo che possa confermare o magari aiutarci a capire meglio i suoi sentimenti.
Ascoltare attivamente i tuoi collaboratori e i membri della tua famiglia imprenditoriale è una scelta importante, ma anche molto complessa. Spesso diventa difficile fare luce su certe dinamiche senza l’aiuto di qualcuno di esterno. Ecco perché abbiamo creato degli strumenti che possono aiutarti nel percorso. Scaricali e facci sapere cosa ne pensi! E sa hai qualche difficoltà non esitare a contattarci.