Sono nata in una famiglia di imprenditori e ho sempre respirato l’aria delle aziende di famiglia. Mio padre era socio di un’azienda del settore automotive insieme ai fratelli.
Dopo essermi laureata in economia e commercio ho iniziato a lavorare nell’impresa familiare, assecondando le aspettative della famiglia; ero la primissima componente della seconda generazione ad entrare in azienda, quindi ho avuto l’onore e onere di segnare il percorso per chi sarebbe venuto dopo.
Ho iniziato a lavorare nell’area amministrativa e commerciale di un’azienda del gruppo e, con il senno di poi, mi rendo conto che è stata una fortuna: il distacco da mio padre mi ha permesso di vivere un’esperienza professionale più indipendente e reale e il lavoro in diversi settori mi ha permesso di acquisire competenze trasversali.
Mi sono occupata di relazioni sindacali, del reparto amministrativo e di quello logistico. Dopo 6 anni sono stata richiamata nella sede centrale perché l’azienda stava crescendo molto e c’era bisogno di qualcuno che facesse l’HR a tempo pieno. Mi sono offerta volontaria perché gli aspetti relazionali e di gestione dei collaboratori mi sono sempre piaciuti tanto. Mi sono formata sulla tematica e ho lavorato nell’ambito per 7 anni: è stata un’esperienza davvero molto interessante.
Purtroppo la crisi del 2008 ha colpito anche la nostra azienda e ci siamo trovati a dovere “rivedere” alcune impostazioni strategiche che hanno condotto i soci fondatori alla divisione, in quanto non più allineati.
È, così, iniziata quella che io definisco “la mia seconda vita lavorativa” nel mondo della consulenza, con focus su aspetti che riguardano le risorse umane e l’organizzazione. In seguito ho scoperto il coaching, l’ho studiato e ne sono diventata parte.
Per me l’impresa di famiglia è stata un luogo abituale fin da quando ero bambina. Posso dire di esserci cresciuta, prima attraverso i racconti di mio padre, poi tramite la mia esperienza diretta e infine sposando un imprenditore. L’azienda della mia famiglia è stata il mio primo lavoro, il primo luogo in cui ho dovuto farmi valere dal punto di vista professionale. Per questo, ogni volta che ho a che fare con un’impresa di famiglia è come se mi sentissi a casa, nella mia area di comfort, perché comprendo appieno quello che gli imprenditori e i loro familiari stanno vivendo.
Penso che il destino le abbia tentate tutte per farmi conoscere Luca, perché ogni volta che partecipavo a un corso incontravo qualcuno che mi parlava di lui! Finalmente un giorno siamo riusciti a scambiare due parole durante un evento sul tema del family business in cui lui era relatore. Ad ascoltarlo mi è venuto spontaneo pensare: “Wow, esiste qualcuno che parla di me, di cose importanti come le sfide delle imprese di famiglia!”.
Inevitabilmente ho cominciato a seguire le sue iniziative e ho partecipato alla seconda edizione del Practitioner FBU nel 2014. Ho seguito da vicino lo sviluppo del modello e degli strumenti FBU: li ritengo entrambi fondamentali per dare ancora più senso ai valori di Family Business Unit e perché danno agli imprenditori dei riferimenti concreti.
Essendo parte di un’impresa di famiglia riesco a percepire subito le sfide di queste realtà anche dal punto di vista emozionale e capisco quando la presenza di punti di vista differenti possa creare tensioni. Ciò che faccio quando mi trovo in queste situazioni è aiutare a fare chiarezza, offrendo un altro punto di vista esterno.
Può capitare che l’imprenditore e i membri della famiglia siano così immersi nella quotidianità e nel fare che perdano di vista il medio-lungo periodo, rimanendo nel qui e ora e non dedicando il tempo necessario al dialogo e al confronto.
Nelle aziende familiari i valori sono condivisi e vissuti. Talvolta le tensioni del business distolgono da questi fondamenti comuni, quindi il fermarsi, con l’aiuto di una persona esterna, può facilitare la rifocalizzazione verso ciò che è importante per la famiglia e per la continuità dell’impresa. È necessario comprendere quali siano i ruoli fondamentali dell’organizzazione e valutare chi ha competenze e attitudine a ricoprirli. È fondamentale condividere la visione aziendale e lavorare in armonia verso un obiettivo condiviso.
Consiglierei agli imprenditori e ai loro familiari i farsi queste 3 domande:
Ci stiamo parlando nel modo corretto?
Dedichiamo del tempo per parlare del futuro?
Abbiamo chiaro dove vogliamo essere tra 5 anni?
Sembra banale, ma da figlia di imprenditori vi posso assicurare che non lo è affatto.
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Laura ha frequentato il Practitioner FBU: un percorso di formazione per coach e consulenti appassionati di family business.