Non focalizzarsi sull’errore in sé ma sulla crescita del collaboratore
Avere il giusto tempismo: non dare riscontri subito se c’è un clima poco sereno, ma nemmeno troppo tardi quando dell’incidente critico non si ricorda più nessuno
Preoccuparsi di essere oggettivi, offrendo una ricostruzione dei fatti senza opinioni la più puntuale possibile, non opinioni ma osservazioni di fatti e dei loro effetti
Preoccuparsi di offrire consigli se c’è la disponibilità a coglierli.
Fissare dei limiti che non devono essere superati: “se continui così sarò costretto a prendere provvedimenti”.
Ma non fermiamoci solo a questi punti: quando diamo consigli è importante ascoltare il punto di vista del nostro collaboratore, cercando di capire cos’ha motivato il comportamento che vogliamo correggere. Un confronto su comportamenti non efficaci può aprire spunti di riflessione su aspetti organizzativi che possiamo migliorare. Ricordiamo sempre che i riscontri possono avvenire anche a fronte di comportamenti positivi che si vogliono consolidare. Dare un feedback oggettivo su cosa si è apprezzato del comportamento di un collaboratore, è il modo migliore per rafforzare quel comportamento e gratificare la persona che lo ha compiuto.
Gestire i collaboratori è uno dei lavori più difficili e dare riscontri sul loro operato è una sfida nella sfida perché si toccano le sensibilità personali di ognuno di loro. Qualcuno è permaloso e sensibile, qualcun’altro non ci bada o reagisce in modo irritante. Spesso la reazione più istintiva è di innescare un meccanismo di difesa e giustificazione.
Se poi la persona in questione è anche un familiare, le cose si fanno ancora più delicate, tanto da arrivare a evitare il confronto per quieto vivere. Se le cose vanno bene si vive in una presunzione di buona volontà reciproca, altrimenti ci si isola difendendo il proprio operato e accusando quello di chi ci sta attorno. Per questo, quando diamo riscontri ai nostri figli, genitori, fratelli o cugini dobbiamo essere manager oggettivi piuttosto che familiari emotivamente coinvolti.
Nel sistema FBU abbiamo vari strumenti per stimolare l’azienda a una gestione matura e consapevole dei collaboratori (familiari o meno).
Un primo strumento è quello della Struttura di Responsabilità: chiarire chi è capo di chi significa aver chiaro chi si assume la responsabilità di far crescere, indirizzare e correggere i collaboratori.
Un altro strumento è quello del Colloquio Personale: un incontro per fare il punto della situazione su come una determinata persona gestisce le relazioni in azienda, interpreta il suo ruolo, condivide per le sue responsabilità e monitora i risultati raggiunti. Un incontro annuale che non deve essere un obbligo burocratico ma una responsabilità dei senior per confrontarsi sullo sviluppo delle singole persone e di tutto il sistema dell’impresa di famiglia.
È importante non concentrarsi solo sui nostri familiari. Gestire colloqui personali anche con i collaboratori che non sono membri della famiglia, li aiuta tantissimo a non sentirsi esclusi dal gruppo di chi fa parte della famiglia.
Non dobbiamo aver paura di chiedere feedback. Capire come gli altri ci hanno percepiti, cosa hanno o non hanno apprezzato in una riunione interna o in una negoziazione, non significa essere insicuri o perdere autorità; significa dare l’esempio di una pratica di miglioramento personale in cui tutti sono impegnati, nessuno escluso.