Le buone pratiche prevedono che il figlio o la figlia si faccia faccia delle esperienze esterne per 3 ragioni fondamentali: capire cosa significa lavorare in un contesto che non sia quello familiare, dimostrare le proprie capacità guadagnandosi dei galloni in un terreno neutro, poter ambire ai galloni anche nel campo dell’impresa di famiglia, senza che questo dipenda (solo) dall’essere figlio/a del capo.
Eppure l’ingresso in azienda di un figlio pone subito una grande questione: a quale stile di leadership deve rifarsi il figlio? A quello adottato dal padre o a quello che gli è più congeniale?
Le teorie ci spiegano che per poter guidare gli altri dobbiamo saper essere capaci di adattare la nostra leadership alle persone e al contesto organizzativo più ampio.
Una cosa è aver a che fare con un giovane inesperto un’altra aver a che fare con un senior con grande autonomia. Una cosa è aver a che fare con persone motivate un’altra con persone che hanno bisogno di stimoli e incoraggiamenti.
Oltre a dover adattare la propria leadership alle singole persone, c’è anche da pensare a come le organizzazioni hanno bisogno di stili di leadership diversi man mano che crescono. Se nei primi stadi di vita di una organizzazione è necessaria, fondamentale, una leadership decisa, direttiva, capace di dare direzione senza incertezze ad una giovane organizzazione che si sta facendo le ossa, con il passare del tempo e la professionalizzazione dell’impresa richiede invece uno stile di leadership più partecipativo, più collaborativo.
Ma è altrettanto vero che il nostro modo di relazionarci con gli altri e di guidarli dipende molto dal nostro temperamento.
E qui possono sorgere grandi fatiche e grandi frustrazioni che sfociano in conflitti quando nel dialogo tra le generazioni non si riesce a capire quali sono i talenti e le caratteristiche dei genitori e quali quelle dei figli.
Un genitore rischia di valutare il proprio figlio come adeguato o meno più in funzione di quanto sia simile a lui che di quanto questo sia efficace con i suoi collaboratori.
E un figlio rischia due cose: di cercare di assomigliare al padre rischiando di essere nulla più di una brutta copia, oppure di voler difendere il proprio stile, il proprio temperamento.
In entrambi i casi il focus non è più sull’efficacia della propria leadership rispetto alle persone e all’organizzazione ma un confronto molto pericoloso tra generazioni.
Nella nostra pratica abbiamo trovato molto efficace invece mettere a disposizione strumenti per aiutare genitori e figli ad essere più consapevoli dei propri profili, a comprendere quali sono gli stili di leadership che ne derivano, quanto siano efficaci per il contesto in cui si mettono in gioco e comprendere la lezione che uno stile di leadership diverso può dare al proprio modo di gestire persone, progetti e la responsabilità di una impresa intera.